L’insostenibile leggerezza dei reality


Partiamo subito da una riflessione.
Non sono un grande appassionato di reality (in TV preferisco le serie), ma questo non mi ha impedito di farmi quattro risate con la Pupa e il Secchione, sollazzarmi con il Dr. Den e Mr. Arrow alle prese con l’Isola De Famosi e altre amenità del genere.
Inoltre da persona che conosce gli strumenti per studiare sociologicamente i mass media, mi piace provare ad analizzare i media e il loro linguaggio.
Tutto questo per dire che non potevo perdermi la puntata di ieri di Porta a Porta il cui tema era “La crisi dei reality”. Infatti nonostante ci fosse lo scipero dei giornalisti tv in corso, la puntata di ieri è andata in onda perchè – nelle parole di apertura di Bruno Vespa – nella redazione non lavorano giornalisti, da cui desumo che Porta a Porta non sia una trasmissione giornalistica.
Immaginavo fosse semplice entertainment, ma sentirlo dire direttamente a Vespa è quantomeno impressionante.

Comunque, nel più classico stile della trasmissione, era costruita intorno a diversi topoi incarnati nei diversi ospiti della trasmissione. Non vorrei dilungarmi su questo punto, quindi ho fatto uno schema dei ruoli, degli ospiti che interpretavano i ruoli le posizioni che ricoprivano nel dibattito.

Questa la struttura della trasmissione di ieri.
I temi su cui si sono confrontate le diverse posizioni (espresse in maniera piuttosto litigiosa) sono stati I seguenti:
1. I reality stanno perdendo popolarità?
2. Caso “Isola dei famosi 4”: la bestemmia di Ceccherini e l’ecatombe di personaggi che hanno lasciato il reality
3. Caso “Wild West”: cosa non ha funzionato

Molto divertenti le cose che sono emerse.
Queste sono quelle che mi hanno dato da pensare (sono citazioni che faccio a memoria cercando di rendere il senso dell’intervento).

Questi reality sono orrendi.
Io avevo anticipato la fine di questi format quando sono apparsi 4 anni fa.
Mi chiedo dove stia andando la TV andando e che immagine della cultura diffondono.

(Stefano Zecchi)

Benedetta ingenuità.
I reality sono prodotti commerciali e come tale hanno vantaggi e svantaggi: vantaggi perchè molto organizzati e “costruiti”, svantaggi perchè non tutte le variabili sono controllabili (bestemmie, pianti, litigi). Inoltre farsi domande su dove sta andando la cultura riflettendo a partire dai reality è come chiedersi quale sia la qualità dei piatti serviti in un ristorante partendo da osservazioni sulla carta su cui sono stampati i menù. Magari c’entra, magari no. Comunque è fuorviante.
Inoltre dire che i reality sono brutti non vuol dire spiegarli. Concedetemi un’iperbole: “mamma, perchè il nazismo è stato sconfitto?” “Perchè erano cattivi”. E’ un dialogo valido per un bimbo di 5 anni ( e forse anche in quel caso solleva una cascata di perchè).
Infine non si può spiegare il fenomeno (flop o successo che sia) dei reality se non li si capisce. Non posso pretendere di spiegare un libro se non l’ho letto tutto.

Bisogna dire le cose come stanno. La scelta dei concorrenti di un reality è tale che si cerca di estremizzare alcune caratteristiche per far si che succeda qualcosa.

(Alba Parietti)

Benedetta ipocrisia.
Tutti gli studi su come funzionano le storie (ovvero la narratologia) spiegano che l’incipit di un racconto è da ricercarsi nella rottura dell’equilibrio della realtà quotidiana dei protagonisti. Un marinaio che finita la guerra cerca di tornare a Itaca, il figlio di un Re danese afflitto dal desiderio di vendicare la morte del padre ad opera di un complotto, un matrimonio ostacolato da un signorotto spagnolo: sono tutti meccanismi di rottura dell’equilibrio narrativo che danno l’incipit allo svolgersi di una storia.
Vivere in un contesto disagiato, la convivenza forzata, il confronto fra personalità diverse, il superamento delle prove: sono gli elementi classici di un reality. E la forza del meccanismo ma anche la sua semplicità e ovvietà.

I reality non sono solo un gioco. Sono un esperienza interiore che cambiano profondamente i protagonisti e questo il pubblico se ne rende conto.

(Simona Ventura)

Questo è un caso emblematico di Sindrome di Stoccolma.
Ovvero così come la vittima di un rapitore si innamora del proprio carceriere, così il presentatore del reality comincia a credere che quello che accade nella trasmissione sia “la realtà” se non della situazione (che è televisivamente costruita) almeno delle emozioni che vengono comunicate. La televisione appiattisce lo spessore delle persone. Anche personalità complesse, in tv diventano bidimensionali. Quindi per quanto siano (e dubito) reali per i concorrenti dei reality le emozioni, per il telespettatore divengono atteggiamenti stereotipati. Un po’ come guardare un videogioco in cui abbiamo sparato a un nemico. Proviamo un’emozione, ma non la consideriamo reale. Il reality è un gioco, e come tale ha una sua strategia.
Un esempio?Apprendo dalla trasmissione di Vespa che Carmen Russo ha visnto quest’anno l’edizione spagnola d L’Isola dei Famosi, usando la stessa strategia che – guarda caso – portò alla vittoria il modello spagnolo Sergio Muniz nell’edizione de L’isola del 2004: passare due mesi da sola ne “l’ultima spiaggia”.

Quello che mi ha fatto pensare è che il successo de “L’isola dei famosi” è un meccanismo – ovviamente – di attribuzione di popolarità ai concorrenti che la usano per tornare nel giro e riprendere a lavorare. Ma è anche un meccanismo di attribuzione di potere. Infatti il potere della Ventura è grandissimo perchè a seconda di chi decide di far entrare sull’isola, deicide vita e morte (professionale) di un personaggio che per varie vicissitudini è passato nel dimenticatoio.
Per un imperatore romano era pollice verso, per la Ventura è non sei stato selezionato nel casting.

Termino questo sproloquio (su cui mi piacerebbe avere i vostri commenti) dicendo che mentre a Porta a Porta andava in scena questa confronto banale sul fenomeno dei reality, nella trasmisisone della Gialappa “Mai dire reality” andava in onda questo filmato sull’edizione ungherese del Grande Fratello in cui protagonista è stato un oriundo italiano.
Con buona pace dell’effetto Ceccherini.

9 thoughts on “L’insostenibile leggerezza dei reality

  1. Io credo che il pubblico abbia ancora più potere delle varie “Ventura”… Noi non solo abbiamo il potere di decretare vita o morte (purtroppo solo televisiva…) dei partecipanti, ma di tutto il sistema di produzione dello show, Ventura, o chi per lei, compresa. Insomma, pensiamo a Campioni, fallito dopo una mediocre prima stagione ed una pessima seconda stagione, o ai recenti flop di Reality Circus (secondo me decisamente uno dei peggiori reality della storia del mondo)e Wild West. Sono stati un insuccesso perchè la gente ha smesso di guardarli. Probabilmente il pubblico è ormai smaliziato…capisce che se Ceccherini è stato inserito tra i partecipanti di un reality (che non fornisce la REALTA’ ma cerca di offrire MODELLI DI REALTA’)è perchè si vuole evitare che lo show diventi monotono…oppure che se Sgarbi viene invitato in studio è perchè si sa che prima o poi darà del “culattone raccomandato” a qualcuno.
    Personalmente mi hanno annoiato e credo di non essere il solo.

    Molto meglio una bella puntata di Dr. House o C.S.I., vero Prof?!

    A presto,
    Federico

  2. concordo pienamente con le riflessioni di Federico e di Bennato…
    se proprio volete “ricalchi” della realtà guardatevi i Simpsons…e non scherzo…

    cheers…

    cmq IO la Ventura la radierei a vita…e non scherzo…

    adios

  3. quando la tv fa autoanalisi bisogna spaventarsi. per fare un’analisi serve un metodo, per avere un metodo bisogna pensarci su e per analizzare la tv – credo – tocca avere un piede dentro e uno fuori lo schermo e tutti i partecipanti ci stavano talmente dentro che ci si poteva vedere attraverso – (anche se nn l’ho visto). Gli invitati rispondono come vuole la rai – produttrice ed emittente – e serve anche un opposizione interna sennò ci si annoja. si, è un commento un po’ confuso.

  4. Se devo essere sincera lo stavo aspettando lo sfogo di Ceccherini: non ricordo in quale film, lui, davanti a una telecamera, durante un provino mi pare, si lascia sfuggire un’imprecazione. Ormai il pubblico si è stufato dei reality, in ogni canale ce n’è uno! Anche se è un po’ “pecorone”, dopo un po’ l’ha capito che non è realtà, ma tutta finzione.. c’è voluto qualche anno per aprire gli occhi. Ormai i copioni si conoscono a memoria, è inutile insistere con questi programmi. La totale mancanza di fantasia si vede anche nei continui acquisti di format stranieri (vedi La pupa e il secchione, ripresa dal reality creato da Ashton Kutcher, cioè il baby-compagno di Demi Moore). Come dice Cesare Cesaroni: “che amarezza!”

  5. Per Clia
    Condivido. anche se non credo che i reality vengano visti perchè cosniderati veri, ma perchè considerati “strani”, un po’ come i freaks del circo Barnum: li guardi perchè sono diversi e non perchè credi che la donna barbuta abbia veramente la barba…

  6. Prof,anche secondo me i reality non vengono visti perché considerati veri, però, almeno i primi anni, certe persone credevano che quella fosse la realtà; pensavano che le litigate o le lacrime fossero vere. Ora nessuno ci crede più. I reality erano qualcosa di nuovo, di “strano”, come dice lei, ma ormai è sempre la stessa minestra riscaldata, non sono più originali. Continuano ad avere un relativo successo solo grazie alla gialappa che prende in giro qualunque reality, risaltando il lato trash.

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