Leggendo della censura che ha colpito il videogioco Manhunt 2 della Rockstar Games ho cominciato a cercare un po’ di informazioni su questo titolo, cercando soprattutto immagini che rendessero conto dell’esperienza di gioco così da farmi un’idea, magari parziale, anche perchè per farsi un’idea di un videogioco bisogna giocarci e la release di questo titolo è prevista per il prossimo 10 luglio.
Ho trovato alcuni filmati su Youtube tra cui il trailer ufficiale e altri clip fatti da appassionati del gioco e sono rimasto piuttosto inquietato. Le situazioni sono oltre lo splatter: si può uccidere in modi inimmaginabili (pistole, pugnali, pinze, martelli) e con un realismo e un’accuratezza visiva e sonora che mi hanno portato a riflettere.
Tralascio la descrizione della trama: per chi è interessato può leggersi la relativa voce di wikipedia.
Chiunque abbia seguito questa vicenda sa che Manhunt 2 è stato bandito in Inghilterra perchè considerato pericoloso in quanto
inciterebbe all’omicidio.
Similmente in Italia il Ministro delle Comunicazioni Gentiloni – appoggiato da Ernesto Caffo di Telefono Azzurro – ha rilasciato una nota in cui dichiara che impedirà che il videogioco raggiunga i più piccoli e ha chiesto alla Take2 Interactive (produttrice del videogioco) di sospendere l’uscita in Italia.
Ovviamente su questo si è pronunciato Strauss Zelnick della Take 2, affermando che il gioco è una vera e propria opera d’arte nel filone dell’horror psicologico con una qualità delle sequenze molto simili a quelle cinematografiche.
In Italia sulla vicenda si è pronunciata anche l’AESVI – Associazione Editori Software Videoludico Italiana – affermando che pur rispettando i timori espressi dal Governo Italiano sottolinenano come anche per i videogiochi debba valere la libertà di espressione come per altre opere d’arte.
A questo punto: come gestire la vicenda?
Male ha fatto il Regno Unito (ma anche l’Irlanda) a bandire completamente il gioco adducendo il pericolo emulazione perchè nessuna ricerca evidenzia un rapporto lineare tra la violenza nei videogiochi e la violenza nelle persone (affermazione che campeggia nel sito dell’ISFE – Interactive Software Federation of Europe – e circola fra diversi studiosi).
Bene ha fatto Gentiloni a impegnarsi che il gioco sia destinato solo ai maggiorenni (anche se come si faccia considerare maggiorenne una persona di 18 anni rispetto a una di 17 è quantomeno curioso, ma è un altro discorso). Sempre che questo caveat non sia esteso ad un ritiro del prodotto dal mercato sull’onda dell’isterismo di associazioni più o meno piccole ma “rumorose”.
Male la semplicistica difesa di Zelnick, anche se è vero che sembrerebbe che arbitrariamente la libertà di espressione è un concetto che va bene per i film, ma meno per i videogiochi (secondo un criterio tutto da scoprire).
Ovviamente la questione sta suscitando un vero vespaio di polemiche fra il partito dei pro-Manhunt 2 e quello anti-Manhunt 2.
Come si potrebbe risolvere la questione?
Dando maggiore libertà al consumatore.
Fermo restando la valutazione dell’opportunità o meno di consentire anche ai non maggiorenni di giocare a Manhunt 2, basterebbe far si che alla domanda: “posso io giocare con questo titolo” si potesse rispondere in modi diversi.
1. Facendo circolare versioni diverse per pubblici diversi: una per i non maggiorenni, un’altra per i maggiorenni. Lo so, mettere un bollino su un prodotto non impedisce che il prodotto vada nelle mani dei non maggiorenni, ma spero che nessuno voglia che lo stato si inserisca nei rapporti genitori/figli.
2. Inserendo del gioco delle scappatoie per diversificare l’esperienza di gioco a seconda delle sensibilità del pubblico.
Mi spiego. Il problema della violenza di Manhunt 2 rispetto a quella di Tom e Jerry (o Grattachecca e Fichetto) è il realismo dei particolari: ambientazioni, immagini sanguinolente, suoni realistici, impossibilità di interrompere la tensione se non con il tasto “pausa”. Basterebbe far si che il videogiocatore scegliesse i propri particolari per dar vita a un’esperienza di gioco personalizzata.
A me la simulazione di sangue non mi da fastidio, e così neanche le ambientazioni claustrofobiche, mentre sopporto con difficoltà alcuni suoni. Bene: se io giocassi con una versione di Manhunt 2 così strutturata, diminuirei il livello di realismo dei suoni.
Non è facile e chiederebbe un TTM (Time to market) un po’ più lungo nello sviluppo dei videogiochi, ma sarebbe un passo avanti nella gestione del rapporto cliente/videogioco che potrebbe sopire polemiche molto spesso prive di basi.
Oltre che rappresentare una buona soluzione per un’etica del videogioco.
Credo.
Dimenticavo.
Per gli appassionati del tema censura e videogiochi, consiglio una top ten dei videogiochi più censurati nel mondo (Pokemon compresi)
Come dimenticare Carmageddon dove lo scopo del gioco era investire col proprio veicolo nemici, oggetti d’arredamento cittadino, ma soprattutto, persone?!? Aspramente criticato fin dal suo lancio è stata creata una versione soft con alieni al posto degli uomini che, una volta investiti, perdevano sangue verde (come per Commandos). In effetti la questione sull’opportunità di creare tali giochi (con i dovuti distinguo per ognuno) è annosa. Il buon senso dovrebbe affidarsi… al buon senso! L’influenza negativa è tutta da dimostrare, di contro c’è però da dire che ognuno “assimila “a modo suo; e tale modo è spesso sconosciuto. Mi viene da pensare alla pubblicità. E’ efficace? Consciamente, su di me, direi no. E se inconsciamente comprassi le Tic Tac x la Hunziker?!? Per assurdo: personalmente credo che un gioco non mi autorizzerà a pestare qualcuno come in GTA, nè tantomeno a cambiare opinione o a depenalizzare l’omicidio nella mia scala valori/reati penali. Semplicisticamente: la “voglia di emulazione” potrebbe venire anche da un’auto lanciata in una folle corsa contro altre come in Fast&Furious. Ritengo inoltre quest’ultima ipotesi + probabile e + fattibile. Con ciò non voglio dire che un gioco “inopportuno” debba necessariamente portare ad una voglia di emulazione (altrimenti, magari, da qualche anno avremmo potuto viaggiare su macchine volanti tipo Wipeout). Ma come si fanno a conoscere gli effetti di un uso/approccio (corretto? scorretto? opinabile? esagerato?) di un gioco, sempre che esistano?
Il post mi è servito da input critico riguardo la differenza medium/piattaforma – cinema/videogame. Effettivamente credo ci possa essere una diversa percezione tra Le Iene/Film e Le Iene/gioco. Nel film è Steve Buscemi/Mr. Pink che uccide; nel gioco… Forse troppo scontata come deduzione, ma credo che i detrattori dei videogiochi violenti (o sconvenienti in generale) possano aggrapparsi a ciò. C’è questa differenza di “percezione” tra le 2 fruizioni?!? Che conseguenze potrebbe eventualmente avere ciò? Credo che un sociologo esperto di nuovi media ci potrebbe aiutare…
Intanto affidiamoci al buon senso di programmatori e ideatori di videogiochi, ma anche a quello dei consumatori: in veste di giocatori affinchè li “vivano” come giochi e in veste di acquirenti, affinchè valutino le situazioni (persone a rischio, tipo di gioco…). Trovo inoltre che l’idea di “diversificare l’esperienza di gioco a seconda delle sensibilità del pubblico” e le versioni rivedute possano essere strade percorribili. Con sommo dispiacere di creatori e amanti del reale/virtuale
Spero di essermi spiegato, soprattutto spero di non essere stato troppo “semplicione”; ora vado a stordire la guardia del deposito munizioni perchè, per oltrepassare una porta, il sistema di sicurezza necessita della scansione della retina di una persona autorizzata. Ovviamente mi riferisco a Metal Gear Solid 2!
http://miocarobestiario.blog.kataweb.it
come potrei contraddire mio zio Ernesto Caffo??? o sarebbe meglio contraddirlo per andare contro la famiglia? perchè non fare un videogioco dei questi dilemmi famigliari-generazionali?
certamente già lo conosci, però bittanti (http://mbf.blogs.com/) ha molto da dire sui videogiochi, e lo fa bene
🙂
Per Luca
Difficile dimenticare Carmaggeddon e darti torto!
Per Antonino
Troppo divertente 🙁
Per Valentina
grazie della segnalazione, ma conosco il lavoro di Bittanti 8anche se più sui libri che sul suo blog)