All’indomani della manifestazione del V-(ff)-day organizzata da Beppe Grillo e dalle persone che si riconoscono nel suo blog, è molto interessante, oltre che straordinariamente divertente, leggere le reazioni della politica e dei commentatori di sorta.
Quello che mi sembra che emerga con forza è l’assoluta incapacità della politica di comprendere il fenomeno “Grillo”.
Se andiamo a leggere le dichiarazioni ora di questo ora di quel politico notiamo: tentativo di far rientrare la questione nelle categorie dell’antipolitica, coloro che credono che sia la solita satira che chiama la politica ai propri doveri, chi lo considera sintomo di un malcontento a cui dare una risposta, fino a coloro che provano a tirare un fendente al comico genovese, mentre altri esprimono solidarietà e simpatia.
Per non parlare dei sedicenti commentatori delle pagine dei quotidiani: scrittori satirici che minimizzano l’impatto, direttori di centri di ricerca che per propria ammissione non comprendono il fattore sociale della rete, tacendo dei trafiletti amarcord.
Perché bisogna prendere la manifestazione del V-day sul serio (socialmente e politicamente)?
1. Ha mostrato la nascita un nuovo spazio politico.
Finora il tema web e politica è stato declinato come capacità dei partiti di drenare consensi tramite internet (più o meno).
Invece il web 2.0 – rappresentato dai blog, anzi dal blog – funziona diversamente: internet diventa uno spazio sociale basato sulla conversazione.
La forza di Beppe Grillo non è il blog, ma i commenti del blog.
La nuova società civile emerge dall’intersezione fra spazio digitale, necessità di confronto e voglia di partecipare.
E questo rende il blog di Grillo uno spazio molto più politico di cyber-candidature al Partito Democratico.
2. Ha mostrato la necessità di un nuovo linguaggio per la politica.
Al di là delle battute sul nome poco elegante della manifestazione, c’è da dire che la necessità di un nuovo linguaggio della politica è forte. Questo non vuol dire che la neo-politica debba sbrodolarsi in deliri coprolalici, ma piuttosto essere in grado di dare risposte dirette e schiette e non turbinii ossimorici politichesi.
La dimensione della chiarezza è quella del politico che parla al cittadino, la dimensione della negoziazione è quella del politico che parla al politico.
3. Ha mostrato la forza dell’auto-organizzazione permessa da internet.
E’ un aspetto che tutti sembrano dimenticare mentre in realtà fa la differenza tra il V-day e il Partito Democratico.
La manifestazione del V-day, non deve il suo successo semplicemente a beppegrillo.it, ma al fatto che tutti coloro che si riconoscono nelle discussioni lanciate dai post del comico genovese prendono l’iniziativa di fondare un gruppo di discussione virtuale che poi diventa “reale”.
Il limite della politica di questi ultimi tempi è la perdita di rapporti con il territorio: non si può essere classe politica partecipando alle Feste dell’Unità o a Porta a Porta, si pone l’esigenza di altri momenti di creazione di rapporti con le persone.
La manifestazione dell’8 settembre deve a questo il proprio successo: lasciare a chi condivide un progetto e un’idea, forme e modi per portare avanti la discussione. Da qui l’efficienza della macchina “comunicativa”: blog che hanno fatto rimbalzare la notizia, volantini autoprodotti distribuiti in maniera autonoma in tutta Italia (il mio l’ho avuto nella Metro A di Roma), passaparola fatto circolare via email e così via.
Tra l’altro è proprio questa una delle componenti chiave che rese possibile che per qualche tempo il candidato alle primarie statunitensi Howard Dean, diventasse per qualche mese un’alternativa plausibile ai candidati in lizza.
4. Ha mostrato l’incapacità della cultura circolante – politici, giornalisti, “esperti” – di capire il mondo sociale che li circonda.
No comment. 🙂
d’accordo su tutto..l’unico commento degno di nota è di Zambardino, ti linko l’articolo..
http://zambardino.blogautore.repubblica.it/2007/09/09/?ref=hpsbsx
Grazie della segnalazione.
Mi stupisce di trovarmi d’accordo con Zambardino: di solito non lo sono quasi mai 🙂
ciao,
purtroppo ho avuto modo di osservare il v-day soprattutto con occhi esterni.
Per questo credo che la tua lettura sia eccessivamente ottimistica.
Il v-day da certi punti di vista è riuscito.
Però al di fuori della rete (media e non) mi sembra sia sia parlato soprattutto del “fenomeno grillo” (spiegato attraverso un meccanismo molto vicino a quello di “drenaggio dei consensi tramite Internet” di cui parli, pur essendo mosso da un obiettivo diverso).
Il riferimento all’auto-organizzazione della rete e alla possibilità che questa sia luogo e strumento di creazione di un nuovo spazio politico è quello di cui avrei invece voluto sentir parlare. Certo, più improbabile costruire una notizia attorno a questo.
Forse il V-day è stato quello che tu descrivi, ma secondo me non è così che è stato raccontato e percepito esternamente alla rete. (ma non poteva essere diversamente, anzi)
Poi, certo, se Grillo gli dà una spinta per me ben venga. Le polemiche su Grillo in questo caso le trovo sterili.
🙂
Valentina,
non credo di essere ottimista: vedere un movimento sociale che esce dalla rete per entrare nello spazio del dibattito pubblico (piazza ma anche carta stampata) comunque mi sembra un buon successo, nonostante si possano criticare modi, forme e risultati della protesta.
Che di Grillo se ne parli solo in termini di “fenomeno” sottovalutando il resto è solo sintomo di una pochezza critica che insiste a leggee la rete come scollata dalla “realtà”.
Io spero che la mia piccola analisi colga nel segno e se l’evento è stato raccontato con forme “antiche” tanto peggio per chi lo fa.
E’ sempre difficile riconoscere il futuro una volta che è arrivato 🙂