Venerdì scorso sono stato ospite dell’associazione Observa, che mi ha invitato a tenere un seminario (interno) sul tema della scienza e delle piattaforme dei social media (scienza 2.0, per intenderci).
L’argomento l’avevo già trattato in un altro seminario che ho tenuto a dicembre 2008 per conto dell’associazione di cui sono socio fondatore(ed ex vicepresidente) STS Italia.
A differenza di quella volta, mi sono concentrato su un paio di casi studio interessanti.
Il primo è la storia di Anthony Garrett Lisi, giovane fisico appassionato di surf (come Kary Mullins, padre della PCR, per intenderci quella cosa che usano a CSI per analizzare in DNA del colpevole), il quale ha scombussolato il mondo della fisica proponendo una tanto semplice quanto bella teoria del tutto, che si è attirata l’ammirazione (e l’odio) dei colleghi, anche se ancora non è stata pubblicata, ma semplicemente diffusa attraverso il deposito dentro arXiv e il tam tam dei fisici-blogger di tutto il mondo.
Il secondo caso di questa commistione scienza/social media è senza dubbio il caso di Wolfram Alpha, il motore di ricerca sviluppato e recentemente rilasciato da Steven Wofram (il papà di Mathematica), che declina il concetto di motore di ricerca in un modo assolutamente nuovo e in linea con il nuovo modo di usare e comunicare la scienza online.
Mi rendo conto che è roba un po’ “per appassionati”, ma qualora deste un’occhiata alle slide, sarei molto felice di avere le vostre impressioni, consigli e – perchè no – la segnalazione di qualche caso studio interessante sul tema della scienza 2.0.
Sono molti i tentativi di adottare filosofie e strumenti del web 2.0 da parte del mondo della scienza. A partire da siti come researchgate.net, network professionale per scienziati e ricercatori o academia.edu, progetto recente che cerca di collegare in maniera diretta i dipartimenti delle varie università. Ieri sul blog ho parlato di Futurity, un nuovo magazine online che riporta le migliori ricerche dalle più prestigiose università nordamericane, segnalate dalle stesse università. Vi sono poi i “clusters” di blog scientifici dei ricercatori, per esempio scienceblog.com o scienceblogs.com. Si parla di come ridefinire gli articoli scientifici online, come prova a suggerire beta.cell.com. Ma sono solo alcuni spunti, ce ne sarebbe da dire e scrivere (e analizzare).
Un altro approccio da notare – principalmente diretto alla comunicazione scientifica – é k-reef:
http://www.k-reef.com/krs/kPortal.html
prodotto e sviluppato dal mio amico e collega Marko Rodriguez.
Altro esempio, nuovo nuovo: http://www.nature.com/scitable
Forse non è “scienza” in senso stretto, si tratta più di innovazione, ma io citerei l’esperienza di Innocentive http://www.innocentive.com/, un sito di condivisione delle soluzioni che ha rivoluzionato la Ricerca&Sviluppo in ottica 2.0
@Federico
Grazie delle segnalazioni, in particolare Scitable (che non conoscevo)
@Alberto
Ciao Alberto, è un piacere sapere che sei passato da queste parti 🙂
Appetitosissimo il progetto KReef: non appena me lo sarò studiato per bene, non è detto che non lo recensisca qui su tecnoetica.
@Carlo
Sono del parere che fra scienza, innovazione e marketing i confini siano molto labili. Conoscevo già il progetto Innocentive ed altre forme di crowdsourcing legate alla scienza e mi sembra un buon modo pe declinare alternativamente il concetto di scienza 2.0
http://www.sciencebase.com/science-blog/gen-f-scientists-ignoring-social-networking.html
http://www.scientistswithoutborders.org/default.aspx