Ci sarà un momento in cui verranno giudicate tutte le attività contro l’intelligenza dell’uomo, una specie di Norimberga della stupidità umana.
Quel giorno arriverà, e tutta una serie di autori testi televisivi, conduttori saranno chiamati a difendersi dalle loro colpe.
Incipit alla Gerolamo Savonarola dei media per parlare di una trasmissione televisiva, vero esempio di crimine perpetrato contro l’intelligenza umana.
La trasmissione in questione è Futura City, insipido sostituto (suppongo) della curiosa – ma si poteva fare di meglio – Internet Cafè. (Anche se – per inciso – qualcosa di meglio era stato fatto, ovvero era stato tolto dalla conduzione il soprammobile televisivo conosciuto con l’epiteto di Andrea Pezzi).
Di cosa si parla quando si parla di tecnologia? Di effetti sociali, di progetti di ricerca, di politica, di filosofia, di paure, di speranze.
Di cosa si parla quando Futura parla di tecnologia? Di stereotipi, di gossip telematici, di interviste improponibili, di luoghi comuni, di esperti-non-esperti. Evviva.
La trasmissione è strabicamente condotta da Gian Stefano Spoto, la cui biografia recita "FUTURA CITY nasce dalla sua grande passione, per l’Hi-Tech", da cui logicamente desumiamo che il nostro non sappia utilizzare una videocassetta. Se tanto mi dà tanto.
Il tema della puntata mi è sembrato che fosse il rapporto fra corpo, corporeità e tecnologia: chirurgie plastiche, modelle virtuali, trapianti di faccia. Tutti argomenti trattati con l’accuratezza e la sensibilità di testate come Cronaca Vera oppure Il Vernacoliere.
In studio chiacchiere su chirurgia estetica e quant’altro con il chirurgo di turno che, pur dicendo delle cose piuttosto condivisibili nella loro banalità, racconta casi clinici con la stessa raffinata argomentazione di Oliver Sacks.
Cito a memoria. "Un giorno è venuta da me una paziente, una ragazza di circa 35 anni che mi si è presentata dicendo: Dottore mi guardi. Lei cosa mi farebbe?, io le ho risposto: Signora, in che senso?"
Come se tutto ciò non bastasse, ecco l’intervista fatta da un certo Igor Righetti, che alcuni bene informati mi dicono giornalista radiofonico molto attento alle questioni della comunicazione.
La definizione mi convince poco, soprattutto quando viene fatta da un tizio che con la stessa spontaneità di un attore di teatro No dice – tentando di essere simpatico – "Un saluto a tutti voi dal sosia di Igor Righetti.
Ah, ah: questo giornalista radiofonico è veramente un buontempone.
Il nostro, dotato di due coloratissime cravatte – accidenti è proprio un buontempone questo giornalista radiofonico – ci ha deliziato con una intervista ad un caso emblematico di modificazione facciale, ovvero il signor TizioCaio, che dopo ben 12 interventi chirurgici è riuscito a diventare il sosia di Michael Jackson.
Questo Michael Jackson dè noantri, ha raccontato della sua passione per il cantante vitiliginoso e di come nelle ore serali alla fine del turno ospedaliero (è un infermiere) arrotondi lo stipendio con esibizioni sulle note di Billie Jean, Dirty Diana, Bad.
Alla fine il nostro ha dato la linea al conduttore in studio dicendo (cito a memoria): "A te la linea Gian Stefano. Ma sei sicuro di essere tu, o sei il sosia di te stesso?".
E’ proprio vero, è veramente un buontempone questo giornalista radiofonico.
Con la stessa morbosa curiosità con cui si guarda un cadavere in putrefazione, ecco in studio attendere il micro-salottino su casi clinici di persone che hanno portato alle estreme conseguenze la loro passione per la chirurgia plastica. No, sporchi intellettuali, non stiamo parlando dell’artista francese Orlan, ma di Jocelyne Wildenstein, una donna che si è fatta modificare i lineamenti del viso per somigliare sempre di più al proprio gatto.
Il micro-salottino, grazie all’intervento di due esperti opinionisti del settore come Gabriele La Porta e Marta Marzotto, ci ha deliziato con argomentazioni raffinate – l’animale come totem e come simbolo non come modello per farsi una plastica facciale (ma và?) – ed altre meno – non sono d’accordo perch� non sono d’accordo.
Poteva finire qui. Invece no.
Sui titoli di coda e con in lontananza un brano di Lucio Dalla, il conduttore Gian Stefano Spoto, ci delizia con un pistolotto retorico, moralista, farcito di banalità e di luoghi comuni.
Per tacere dei difetti che questo pistolotto pure aveva.
Cosa dire: Niente.
Facciamo parlare Lucio Dalla: chissà, chissà domani.
PS: i titoli di coda sottolineano che l’autore dei testi di Igor Righetti è lui stesso.
Perbacco: è proprio un buontempone questo giornalista radiofonico
PPS: in studio qualcuno ha farfugliato di occhiali che facevano vedere qualche particolare servizio in 3D. Non ho capito.
L’ignoto son io…pardon
Ricordo una battuta di grillo sui detersivi che rendono più bianco…ed i capi sono effettivamente più bianchi ma solo perchè così appaiono ai nostri occhi grazie ad uno sbiancante apposito che no pulisce le fibre ma ci passa sopra una bella mano di brillantante.Beh forse i temi trattati sono le fibre del tessuto e questi programmi il detersivo sbiancante che rende tutto più facile e smagliante (non smagliato).a suo tempo mi piaceva molto Massarini, suppongo questi tizi siano tutti suoi emuli riusciti male!
A me Igor Righetti piace molto. Il ComuniCattivo di Radio 1 in radio fa svegliare pure i morti. E’ il contesto del programma che non funziona…
Non metto in dubbio che Righetti sia interessante, io non lo conosco.Posso solo dire che nel contesto della trasmissione non mi ha fatto una buona impressione.Ma forse è colpa di Futura City.Forse.
E’ la prima volta che capito in questo blog e mi fa piacere aver trovato questo post che esprime più o meno le stesse sensazioni che ho provato guardando Futura City. Guardandolo ho rimpianto il vecchio Mediamente di cui poi il programma in questione sembra un’annacquata parodia. La solità superficilità e ricerca di effetti sul temi delle tecnologie della comunicazione. Temi su cui in Italia almeno è difficile trovare qualcuno che ne parli come si dovrebbe con il giusto approfondimento e serietà. Ciao a tutti