Il mondo dei social media ha aperto un universo interessante dal punto di vista delle relazioni sociali, ma come spesso capita con delle conseguenze inattese.
Specialmente nel campo delle informazioni legate al mondo del business.
Un esempio interessante in questo senso è lo studio di Michael Fire, Rami Puzis e Yuval Elovici della Ben Gurion University in Israele recentemente diffuso su arXiv.
Lo studio attraverso la raccolta di una serie di informazioni presenti su Google e nei social network è stato in grado di rivelare le caratteristiche organizzative di sei alcune delle più importanti società di ICT al mondo (che ovviamente per motivi di riservatezza non sono state rivelate).
Come hanno fatto?
La ricetta ha una logica piuttosto semplice.
In primo luogo attraverso un crawler hanno identificato una serie di profili Facebook di dipendenti connessi alle organizzazioni obiettivo della ricerca. Da qui sono partiti per raccogliere una seconda serie di profili che potevano essere colleghi di lavoro dei profili di riferimento, secondo il classico principio dell’omofilia (una regola delle reti sociali secondo la quale – per dirle in maniera semplificata – “chi si somiglia, si piglia”).
Poi hanno continuato a raccogliere dati anche spostandosi su social network diversi (da Facebook a Linkedin, per esempio) e man mano che venivano identificati altri dipendenti dell’organizzazione analizzata, si usavano come base di partenza per cercare altri loro colleghi e così via in maniera ciclica.
A queste informazioni hanno associato altre informazioni prese da Facebook come la collocazione geografica per ricostruire sia la rete organizzativa che la distribuzione sul territorio (informazione importante per grandi gruppi informatici) grazie anche una serie di algoritmi di community detection.
A questo punto la domanda: ma i dipendenti sono persone importanti nella catena di comando o perfetti sconosciuti? Quadri o semplici impiegati?
Per rispondere a questa domanda è bastato applicare un paio di metriche tipiche della social network analysis (SNA) per capire quali sono gli individui chiave e quali no.
In questo modo dell’organizzazione si sapeva la sua struttura organizzativa, la sua distribuzione geografica e l’organigramma (con nomi e cognomi).
Sono informazioni interessanti? Certo che lo sono.
Per esempio Fire e collaboratori hanno trovato un gruppo di impiegati di una società che sembravano piuttosto “disconnessi” dal resto degli altri impiegati.
Attraverso la raccolta di informazioni pubbliche presenti in rete con un crawler, hanno scoperto che il gruppo altri non era che una startup recentemente acquisita dalla società studiata, che però non erano stati completamente integrati nel resto del tessuto societario.
La tecnica si presta a diversi utilizzi:
in ambito di business intelligence per lo studio di competitor,
in ambito giornalistico per il reportage di specifiche organizzazioni secondo i metodi dell’OSINT (Open Source Intelligence),
in ambito politico per lo studio organizzativo di un partito o un movimento.
L’articolo è molto interessante, piuttosto tecnico, ma facilmente affrontabile da chi ha competenze di SNA o informatica.
La prima cosa che mi è venuta in mente è che potrebbe essere “utile” a qualche cracker che vuole forzare un sito aziendale, attraverso l’ingegneria sociale: magari capendo chi si occupa di internet security…
Da attempato progettista informatico posso dire che il web è da sempre strumento di analisi e comparazione aziendale di portali, caratteristiche dei software, elementi di innovazione, servizi, soluzioni grafiche inedite, features 2.0, ecc…
Non si tratta solo di copia ed incolla ma di un vortice competitivo del tipo “se loro hanno fatto quello io posso fare questo e quello…”
Non mi stupisce che in un contesto così competitivo qualcuno abbia deciso algoritmicamente di ricostruire organigrammi e know how aziendali, cosa che depreco ma che ritengo tecnicamente non così difficile da attuare.
La ricostruzione del profilo personale o aziendale altrui effettuata da singoli manualmente o tramite software è un fenomeno, una ruberia, suppongo molto più frequente di quello che si possa pensare.
In fondo la rete è specchio della nostra società, e da questa eredità curiosità, competizione, furbizia, strategie.
Nonostante tutto ciò, nonostante comportamenti ed arguzie deprecabili, è un bene che l’informazione in rete sia open, disponibile ed aggregabile.