Facebook è “borghese” mentre Myspace è “comunista”
Detta così sembra un’attualizzazione della ormai celeberrima canzone di Giorgio Gaber “Destra e sinistra” in salsa web 2.0, in realtà sono alcuni dei risultati interessanti trovati da una recente ricerca sul profilo sociale degli utilizzatori dei siti di social networking.
Danah Boyd – dottoranda della School of Information dellUniversità di Berkeley (California) – ha recentemente scritto un paper sulla base della sua tesi di dottorato, in cui vuole mettere in evidenza che alla base dei due network sociali non ci sia solo una differenza tecnologica, ma anche e soprattutto una differenza sociale.
Questa diferenza sociale sarebbe così consistente da legittimare un uso del termine “classe”, anche se non precisamente nel modo con cui la intendevano gli autori del Manifesto del Partito Comunista.
Usando alcune delle riflessioni sociologiche più recenti, la Boyd afferma che il termine classe sia problematico da usare nel contesto culturale degli USA, poichè il concetto è troppo intriso di implicazioni economiche che non rendono l’idea dell’ambiente sociale.
La stratificazione sociale statunitense invece si presta meglio ad essere analizzata con concetti come stile di vita, reti sociali, capitale sociale, capitale culturale.
A questo punto la Boyd sulla scorta di una serie di interviste fatte negli ultimi sei mesi a un campione di utenti di Myspace e Facebook, prova a fare una analisi sociologica dell’utilizzatore “tipo” di questi due servizi di social neworking.
Facebook: adolescenti egemoni
Luogo dei ragazzi “buoni”
Rappresentanti di gruppi sociali popolari nelle high school (cheerleader, giocatori di football, rappresentanti di classe)
Hanno genitori che spingono a frequentare il college
In gran parte bianchi
Studenti modello con una carriera di successi scolastici
Conoscono Myspace e hanno opinioni (negative) su questo servizio
Preferiscono il look “pulito” di Facebook invece di quello “appariscente” di Myspace
E’ il luogo di chi lavora negli uffici
Myspace: adolescenti subalterni
Luogo dei ragazzi “cattivi”
Rappresentanti dei gruppi sociali non popolari delle high school (figli di immigranti, punk, gothic)
Hanno genitori che non hanno frequentato il college
In prevalenza ispanici
Non tutti conoscono Facebook
I ragazzi che conoscendo entrambi i sistemi preferiscono Myspace lo fanno come reazione ai gruppi egemoni
La differenza fra i diversi gruppi subalterni si può desumere dalle scelte grafiche della pagina
E’ il luogo di chi lavora nell’esercito
Ovviamente questo paper non è precisamente un articolo di ricerca: alcune riflessioni metodologiche sono discutibili, altre sono azzardate, parte del presupposto di un rapporto causa-effetto tra la scelta di un servizio di social netwoking e un background sociale.
Ad ogni modo è interessante perchè concente di riflettere su alcuni rapporti fra valori sociali e tecnologia, o come dice la Boyd:
The division around MySpace and Facebook is just another way in which technology is mirroring societal values. Embedded in that is a challenge to a lot of our assumptions about who does what.
Un primo passo verso la formalizzazione del concetto di tecnoetica?
Ovvero degli stretti rapporti che intercorrono fra tecnologia e valori?
perché Comunisti e non Proletari?
Perchè mi sembrava più divertente, ma è solo una boutade 🙂
Sempre aggiornato Davide!
E’ interessante l’analisi della ricercatrice americana.
Mi pare che si possa riflettere anche in termini di questo:
con la democratizzazione dell’accesso alle tecnologie di produzione e circolazione della conoscenza, stanno entrando nello spazio pubblico soggetti sociale precedentemente relegati nelle loro ristrette reti sociali.
Di conseguenza, chi già accedeva in qualche modo a strumenti di pubblicazione (gli intellettuali) sta sviluppando un’escludente retorica anti-amatoriale, a difesa del “professionismo” e della “cultura consolidata”.
Ma la domanda che mi pongo (e che ti giro) è: noi a quale categoria apparteniamo?
Ehila’, Robert.
Condivido la tua riflessione.
Internet è uno spazio aperto che sta ricreando processi di stratificazione seguendo regole che sono allo stesso tempo sociali, tecnologiche ed estetiche (grafica e design dei servizi web 2.0).
Io ho difficoltà a difendere la cultura del professionismo tout-court, ma faccio miei gli strumenti di riflessione critica, e non tutti appartengono alla “cultura consolidata”.
Forse noi siamo la classe degli individualisti reticolari: persone che si incontrano intorno a un’idea facendo propri gli strumenti forniti dalle tecnologie della comunicazione e dai propri contatti sociali
Ma è solo un’idea.