Come avevo accennato qualche giorno fa, ho intenzione di analizzare in dettaglio il rapporto Fake Nation, perchè credo che – al di la’ di quello che riportano i comunicati stampa – nel rapporto ci sono indicazioni interessanti per l’industria musicale/cinematografica che vuole capire qualcosa di più sulla diffusione dei sistemi illegali di approvvigionamento di contenuti multimediali.
Risultati generali
Per prima cosa vediamo fra i principali risultati della ricerca, quali sono i più interessanti:
1. Il consumo di prodotti contraffatti è una pratica piuttosto comune nel Regno Unito
2. I prodotti contraffatti sono disponibili attraverso una grande quantità di canali di distribuzione
3. La leva principale che porta al consumo di tali prodotti è il prezzo
4. Il prezzo non è l’unica motivazione, altre motivazioni sono – per esempio – la possibilità di avere il film in DVD in tempi rapidi;
5. I prodotti contraffatti sono di qualità accettabile;
6. I prodotti contraffatti devono il loro prezzo al fatto che non hanno costi di produzione, promozione e vendita;
7. I consumatori percepiscono in maniera nettamente differente l’acquisto di prodotti contraffatti e la possibilità di scaricarli da internet (P2P).
Tentiamo un’analisi di questi risultati. (beninteso: l’analisi che propongo è UNA tra le possibili, per essere verificata richiederebbe un sovrappiù di ricerca).
2. L’enorme accessibilità dei canali di distribuzione di beni contraffatti è un valore aggiunto di questi prodotti;
3-4. Il prezzo ha una forte influenza sull’acquisto di questi prodotti, ma un ruolo non marginale è attribuibile ad altri fattori come la rapidità nella disponibilirà del prodotto.
5-6. L’accettabile qualità dei prodotti contraffatti li rende un competitor appetibile in un’ottica di costi/benefici rispetto ai prodotti legali. Cosa succederebbe se ci fosse la possibilità di acquistare – per esempio – film in DVD in versione essenziale ma a costi competitivi? D’altra parte il boom dei DVD in Italia non è trainato dalla vendita a prezzi stracciati di questi prodotti nelle edicole?
Vediamo adesso le cose un po’ più in dettaglio.
Ricordo che i risultati di questo rapporto derivano dalla somministrazione di un questionario ad un campione di 2.388 soggetti, a cui è seguita la somministrazione di 12 focus groups.
DVD
I consumatori di DVD contraffatti e di downloading illegali di programmi televisivi sono maschi (63%) tra i 21-30 anni (36%, 33% nel caso di utenti di reti P2P). Anche se consapevoli che l’attività è illegale, i consumatori di questi prodotti la percepiscono come normale (soprattutto i giovanissimi) e poco propensi a considerarla un’attività alla stregua del furto.
La percezione dell’acquisto di DVD illegali e dell’uso di reti P2P è percepito in maniera profondamente diversa.
Alcune domande sollevate da questi risultati:
1. Perchè l’attività è percepita come normale? E’ solo voglia di accedere gratuitamente a un prodotto o esiste una componente ideologica (del tipo che sia giusto "fregare" questo tipo di industrie)?
2. Su quali basi si costruisce la diversa percezione DVD pirata/downloading? Basta il luogo comune che vuole che le persone percepiscono le cose su internet intrinsecamente gratuite?
Le motivazioni addotte dai consumatori di DVD contraffatti sono: i prezzi bassi, la molteplicità dei canali di distribuzione illegali, la velocità con cui questi prodotti sono disponibili.
Come si può notare da questi grafici fra i motivi che portano all’acquisto di DVD pirata c’è la loro qualità tutto sommato accettabile a fronte di un costo assolutamente concorrenziale.
Mentre i motivi alla base del mancato acquisto di questi prodotti ci sono la bassa qualità e il collegamento con il crimine organizzato.
Potremmo ipotizzare che mentre coloro i quali comprano DVD contraffati, sanno cosa comprano e si accontentano, chi non compra DVD contraffatti sa cosa compra e NON si accontentano.
Domanda: può essere che l’industria dei DVD non sia riuscita a elaborare una strategia di mercato che metta d’accordo le due tipologie di consumatori, ovvero cine-interessati e cinefili?
Musica
I consumatori di musica pirata sono maschi (63%), tra i 21-30 anni (33%), così come chi fa downloading di musica (83% maschio, 38% tra i 21-30 anni). Come è facile prevedere, per questo tipo di contenuto la pratica più diffusa non è l’acquisto di CD contraffatti, ma il downloading illegale.
Guardiamo i dati.
Chi dice di non aver mai scaricato un album è l’82%, chi lo fa una volta ogni tanto è il 7% mentre solo il 4% lo fa più di una volta la settimana.
Situazione diversa per i singoli brani.
Il 73% sostiene di non aver mai scaricato un pezzo musicale, mentre il 12% lo fa una volta ogni tanto, con un 7% che lo fa più di una volta la settimana.
Cosa possiamo desumere da questi dati?
C’è un forte ridimensionamento del fenomeno del file sharing mentre abbiamo poche informazioni su che tipo di materiale musicale viene scaricato. Il fatto che scaricare brani sia più comune che scaricare album potrebbe essere giustificato dall’ipotesi che i consumatori di file sharing siano persone che comunque non comprerebbero prodotti musicali e che usano la rete per usare un contenuto di cui altrimenti sarebbero non consumatori.
Come se le il P2P fosse un surrogato della cassetta registrata dalla radio.
Andiamo a vedere quali sono i motivi che portano all’acquisto/non acquisto di CD contraffatti.
Dal grafico qui accanto possiamo dire che i costi dei CD sono percepiti come alti se il 27% sostiene che altrimenti non potrebbe permetterseli e il 43% afferma che in questo modo ne può comprare di più, forti del fatto che la qualità è percepita come accettabile (48%).
Per quanto riguarda il downloading illegale di musica, i motivi addotti per giustificare tale comportamento sono l’ampia scelta musicale possibile e la possibilità di procurarsi brani che non sono disponibili nel Regno Unito.
Inoltre una delle leve che porta all’uso di sistemi P2P è la possibilità di accedere ad una vasta gamma di offerte, anche se la qualità non è soddisfacente.
Potremmo dedurre che le consumo musicale illegale online è l’offerta a fare la parte del leone e non la qualità.
In maniera speculare, chi non compra CD contraffatti lo fa perchè è deluso dalla qualità (39%), è un prodotto primo di garanzia (29%) e che tutto sommato percepisce i CD pirata come uno spreco di soldi.
Stessi dubbi sollevati dai dati motivazionali legati al consumo/non consumo dei DVD pirata.
Ci sarebbero altre cose interessanti da dire sul consumo di prodotti come i videogiochi pirata o l’abbigliamento contraffatto, ma qui mi fermo altrimenti questo post rischia di diventare la traduzione italiana del rapporto.
Faccio una riflessione generale.
Dai dati della ricerca e dalle motivazioni rilevate durante i focus groups, mi sembra che tra i consumatori pirata e i consumatori più ligi alle leggi, esiste un vero e proprio continuum all’interno del quale si posizionano quei consumatori che per vari motivi – costi ridotti, maggiore offerta, tempestività nella disponibilità dei prodotti – preferiscono scegliere materiale contraffatto.
Quindi, curiosamente, il mercato pirata dei prodotti audio/video (ma non solo) esiste in quanto in grado di offrire un servizio diverso, più vicino alle esigenze di quella nuova genìa di consumatori, molto frammentata ma sanno bene cosa vogliono e come lo vogliono.
Forse esiste un problema di "comunicazione" fra industrie (media content-tecnologiche) e consumatori, eredità forse della bolla speculativa degli anni 90, quando per stare troppo attenti ai bilanci ci si dimenticava del dilemma dell’aborigeno (ma io e te che se dovemo da dì) di guzzantiana (corrado) memoria.Sembra che siano pochi e poco ascoltati coloro che s’interrogano sui comportamenti di spesa della nuova genìa di consumatori (come evidenzi tu davide). Uno di questi è stato Steve "Apple" Jobs ed ora tutti a seguire…Sarebbe interessante avere di fronte una mappa europea dei nuovi consumatori con tutti i vari effetti "sostitutivi" e gli spostamenti sulla base della fruizione, sarebbe interessante vedere le differenze Italia-Uk.Un giornale statunitense paragonò il downloading illegale con il fumo di marjuana degli anni 60, diffusi allo stesso mmodo nei rispettivi periodi. La conclusione fu che: i ragazzi (compresi presidenti degli stati uniti) che fumavano marijuana non hanno continuato a fumare marijuana una volta cresciuti (creando una società di "sballati") proprio come i ragazzi che adesso scaricano musica e video gratis una volta cresciuti non entreranno in un supermercato per rubare un DVD dei pink Floyd. Il consumismo non è in pericolo, ma non è più lo stesso del passato.Grazie DavideCiao