Tecnoclastia: la sorella “cattiva” di tecnoetica

[AGGIORNAMENTO 2020]
Tecnoclastia er ail nome di una rubrica-blog che per qualche tempo ho tenuto per la rivista Internet Pro.
Il sito non esiste più, ma Internet Archive ha archiviato diverse pagine: https://web.archive.org/web/20050205004120/http://www.internet-pro.it/tecnoclastia/index.html
Qui ripubblico il post con cui ho inaugurato la rubrica

Quando Leone III l’Isaurico – imperatore dell’Impero Romano d’Oriente – decise di contrastare il potere temporale della Chiesa, all’epoca sotto il papato di Gregorio II, non immaginava che avrebbe adottato una strategia destinata a colpire la fantasia delle generazioni future.
La manovra politica avrebbe avuto profonde ripercussioni nei rapporti fra Impero e Papato per tutto il periodo che va dall’ VIII al IX secolo (725-842 dopo Cristo).
Tale strategia prese il nome di iconoclastia.

Iconoclastia deriva dal greco e significa “distruzione delle immagini”.
Sacre, per la precisione.
Obiettivo dell’iconoclastia era quello di reagire alla progressiva presa di potere da parte della curia bizantina che imperversava nelle regioni dell’Impero Romano d’Oriente e che traeva dal culto delle immagini sacre (iconolatria) il principale potere ideologico.
Leone III, consapevole del progetto politico alla base dell’iconolatria, accusò tale pratica di superstizione e idolatria, promulgando nel 730 d.C. l’editto con cui dava inizio alla furia iconoclasta, che avrebbe privato il futuro di un patrimonio artistico incalcolabile.

L’iconoclastia era evidentemente una manovra politica, un escamotage teologico per far si che il potere spirituale non intaccasse il potere temporale.
Ma dal punto di vista intellettuale era molto interessante.
Lo era perché l’iconoclastia era frutto della commistione dell’etica cristiana con le dottrine teologiche provenienti dall’Islam, confine est dell’impero di Leone III, per le quali era fatto divieto assoluto di rappresentazione della figura umana e dell’immagine di Dio.
La questione dell’iconoclastia venne risolta dal II concilio di Nicea (787 d.C), quando insigni teologi difesero la libertà di culto delle immagini e le relative conseguenze politiche.
L’iconoclastia però non morì. Altri periodi storici di reazione al potere del papato hanno fatte proprie alcune varianti delle idee iconoclaste (é il caso, ad esempio, della riforma protestante).
Per tacere del successo che l’idea ha avuto nell’arte del XX secolo e nelle riflessioni sulla società della comunicazione.

Impero Romano D’Oriente, dottrine teologiche, lotte politiche, resistenze ideologiche.
Cosa c’entra tutto questo con la tecnologia?

La tecnologia è diventata l’ideologia più importante della società contemporanea.
In alcuni casi è una forma così forte assume i connotati di una religione. Alcune volte ottimistica (tecnocrazia), altre pessimistica (luddismo), sempre retorica.

Lo scopo della rubrica è proprio questo: riflettere sulle conseguenze umane e sociali dello sviluppo tecnologico senza trionfalismi né pessimismi, solo guidati dalla voglia di comprendere cosa succede man mano che ci immergiamo in un ambiente sociale e culturale assorbito dalla tecnologia.

Per questo il termine tecnoclastia.
La voglia è quella di “rompere” la tecnologia, non per distruggerla ma per capire cosa c’è dentro. Conoscere come funziona l’aspetto umano che di solito sottende l’oggetto tecnico, magari facendoci aiutare dalle scienze sociali (sociologia, antropologia, psicologia, …).

E’ anche un altro il motivo del termine: si chiama storia.
Siamo abituati a pensare che la tecnologia è qualcosa di recente, qualcosa che ci riguarda dal computer in poi, al limite dalla rivoluzione industriale.
Ma sappiamo che non è così.
La tecnologia ha radici profonde, persino precedenti allo sviluppo della scienza, quando veniva chiamata arte o tecnica.
In anni come questi in cui la parola tecnologia di solito viene usata in senso inglese, ho preferito usare un termine che – con il suo suffisso greco antico – suonasse irrimediabilmente antico.
Come è antico il rapporto dell’uomo con i propri utensili e le proprie macchine.

Quindi basta parlare di rivoluzioni tecnologiche o di società disumanizzata dalla tecnologia.
Adesso parliamo di tecnoclastia.

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