Dalla post-verità alla post-realtà: il caso della guerra in Ucraina

Il nostro secolo ha abdicato alla verità per lasciare spazio alla verificabilità, con tutti gli svantaggi del caso. Soprattutto in questa guerra, in cui il problema vero non è neanche la post-verità, ma la post-realtà.
Per capire cosa succede, allora, occorre affidarsi non al giornalismo, ma alla deontologia giornalistica, unico strumento sulla cui base costruire un dialogo con i nostro interlocutori.
Il contesto di riferimento però non è più la post-verità, ma la post-realtà: ovvero nel XXI secolo le persone che ci sono accanto potrebbero non vivere nello stesso mondo sociale e informazionale in cui viviamo noi.

L’articolo completo su Agendadigitale.eu
https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/ucraina-dalla-post-verita-alla-post-realta-chi-ci-da-gli-strumenti-per-orientarci/

In pratica post-verità vuol dire che è possibile fare qualsiasi affermazione, ma esiste un sistema per verificare se l’affermazione esprime un fatto oppure no. La frase “l’ospedale di Mariupol non è stato bombardato” è vera in un’ottica di propaganda, è falsa in un processo di verifica dei fatti. Questo vuol dire che l’unico strumento che noi abbiamo per capire cosa sta accadendo in Ucraina è affidarci non al giornalismo, ma alla deontologia giornalistica.
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Chi è che garantisce le regole della verificabilità sono le persone che si riconoscono in quelle regole: ovvero è la comunità l’istituzione che garantisce le regole della verificabilità. La comunità dei virologi garantisce per l’affidabilità dei vaccini, la comunità dei no-vax ritiene che i vaccini non siano affidabili perché ha regole di verificabilità diverse dai virologi: per i virologi vale il metodo scientifico, per i no-vax vale il metodo politico (“non mi fido delle case farmaceutiche”, per esempio). Per questo non è possibile convincere un no-vax radicale: perché vive in una comunità che ha altre regole di verifica della consistenza dei fatti.

Come fa il no-vax a vivere in questa comunità? Grazie ai mezzi di comunicazione, che ormai non possiamo più chiamare “di massa” e che servono per rinsaldare un patto sociale e comunicativo. Se io sono un no-vax, conosco e condivido il ragionamento dei no-vax, seguo pagine Facebook no-vax, ascolto le verità dei medici no-vax, considero accettabili decisioni no-vax (per esempio fare trasfusioni di sangue solo di persone non vaccinate), eccetera.
In pratica il no-vax non vive nello stesso mondo in cui viviamo noi: vive in una realtà parallela.

 

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