Ricerca e comunicazione amori difficili ma non impossibili

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La settimana scorsa sono stato ospite come relatore al convegno “Gli amori difficili. Ricerca e comunicazione possono andare d’accordo?”, incontro annuale dell’Associazione Alessandro Liberati, branch italiana del network italiano Cochrane.

Per capire perché sono stato molto contento di partecipare a questo incontro bisogna spiegare cos’è l’associazione Cochrane, e non c’è modo migliore che usare le parole del sito:

“ […] il Centro Cochrane Italiano è particolarmente interessato al problema del trasferimento dei risultati della ricerca nella pratica clinica. E’ in questo senso che il CCI ha sviluppato dei rapporti di collaborazione con le autorità e le Agenzie Regionali e Nazionali, incaricate di promuovere l’innovazione e la qualità dell’assistenza nel Servizio Sanitario Nazionale. Sin dall’inizio della sua attività il CCI ha attivato progetti con le Regioni Umbria ed Emilia Romagna, con l’Istituto Superiore di Sanità e con numerose Aziende Sanitarie.
Le competenze metodologiche disponibili presso il Centro sono:
a) disegno e analisi di studi clinici controllati;
b) assistenza e training all’uso delle banche dati bibliografiche;
c) metodologia delle revisioni sistematiche;
d) metodi statistici per le metanalisi;
e) uso di software per le metanalisi;
f) metodologia per la produzione e implementazione di linee-guida.”

In pratica in questa associazione ci sono molti aspetti che mi riguardano come studioso o che mi incuriosiscono come cittadino: ricerca e comunicazione, comunicazione della scienza, diffusione della cultura biomedica, medicina EBM, cultura dei dati applicati al settore medico-sanitario,

Cosa vuol dire comunicare la ricerca oggi?

La mattina è iniziata proprio con il mio intervento, simpaticamente aperto da “Sono solo canzonette” di Edoardo Bennato (ci eravamo messi d’accordo con il moderatore Laura Amato).

In qualità di sociologo dei media digitali, mi è stato assegnato il titolo “Comunicare la ricerca con i social media”.

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Per elaborare un quadro generale del problema, ho sviluppato un ragionamento di questo tipo: comunicare la ricerca dipende sia dai valori del pubblico, sia dal tipo di strategia che il ricercatore può adottare, strategia che dipende dal pubblico di riferimento e dagli obiettivi da raggiungere.
I tre pubblici di riferimento sono: i ricercatori stessi, la stampa e gli attivisti (per esempio le associazioni dei malati).
Dopo aver dettagliato come i termini “comunicare” e “ricerca” vengono declinati dai tre diversi pubblici, ho passato in rassegna una serie di case study molto interessanti nell’uso dei social media tra cui il celebre “La bufala è servita” di Italia unita per la scienza e il progetto “La Cura” di Salvatore Iaconesi.
Qui in basso le slide del mio intervento


La parola poi è passata a James Heilman del Wikiproject Medicine, il progetto di inserimento di voci scientifiche del settore biomedico dentro Wikipedia.

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L’intervento è stato davvero interessante, sia per i dati che sono stati snocciolati – oltre dal 35% al 70% dei medici consulta wikipedia – sia per capire fino in fondo il ruolo di Wikipedia nella diffusione del sapere biomedico.

Alice Pace, freelance collaboratrice di Wired Italia, ha proseguito con un suo intervento illuminante che si è dipanato intorno alla domanda: cosa vuol dire fare il freelance e occuparsi di comunicazione della medicina?

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Come giornalista ha raccontato le difficoltà di fare il freelance quando in Italia il Ministero della Salute ti snobba perché sei di una testata online e non ti concede una intervista. Come comunicazione della medicina ha raccontato la sua personale esperienza con il caso Stamina, su cui ha curato un reportage per Wired e che a sua detta le ha levato dieci anni di vita.

Nigel Hawtin, Graphic editor del New Scientist, ha affrontato un tema dal mio punto di vista splendido: l’uso di infografiche per comunicare la complessità della ricerca scientifica.

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Dopo aver separato una rappresentazione grafica da una vera infografica, attraverso diversi esempi è giunto a mostrare come nel produrre una infografica è preferibile spiegare non solo mostrare, raccontare non solo spiegare.

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Ha chiuso la mattinata Annamaria Testa sulle caratteristiche della comunicazione in genere con qualche osservazione interessante su come meglio comunicare il fatto medico.

Una tavola rotonda per dialogare sul tema a più voci

La giornata si è conclusa con una tavola rotonda che ha preso il via dopo l’illustrazione di una serie di progetti inerenti alla comunicazione biomedica.

La tavola rotonda ha avuto come scopo quello di dialogare sul tema della comunicazione della scienza con diversi soggetti Graziella Filippini (ricercatore clinico), Daniela Condorelli (giornalista freelance), Eugenio Santoro (responsabile del laboratorio di informatica medica del Mario Negri nonché esperto di tematiche relative a medicina e social media), Paolo Vercellini (ginecologo esperto di procreazione assistita dell’Istituto Luigi Mangiagalli di Milano) ed io. Moderatori: Silena Trevisan, Roberto Satolli.

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Il dibattito è stato molto istruttivo, anche se non sono mancate voci poco realistiche (per come la vedo io) come chi diceva che alla fine internet viene messo da parte quando si ha una malattia (mi pare strano…), oppure che la comunicazione scientifica corretta dovrebbe essere appannaggio delle società scientifiche (anche se qualcuno ha notato che in Italia le società scientifiche sono molte e non tutte particolarmente indipendenti).
Io mi sono trovato a dover difendere la rete da due grosse ovvietà: da un lato il prevalere dei troll (mentre in realtà esiste una minoranza silenziosa che sa confrontarsi), dall’altro sulla democraticità del web (cosa che io combatto da anni, poiché il web non è democratico perché la società non è democratica, il web democratico è una retorica politica e basta).
La posizione che ho assunto nel dibattito è stata che il ricercatore che non vuole sporcarsi le mani con la comunicazione del suo lavoro alla fine non può stupirsi della prevalenza di Stamina.

Ed è proprio Stamina ad essere stato il vero convitato di pietra dell’evento. D’altronde non poteva non esserlo: è uno splendido caso di disinformazione scientifica biomedica in cui ha avuto la meglio la comunicazione scientifica farcita di retorica anti-sistema fomentata da un certo giornalismo di tipo infotaintmemt (le iene di Italia1).

La giornata è stata molto bella.
Io ho conosciuto tanta bella gente è imparato un sacco di cose del mondo della comunicazione biomedica.
Per questo motivo non posso non complimentarmi con gli organizzatori come Luca De Fiore, Laura Amato e tutti quanti dell’associazione Alessandro Liberati hanno contribuito al successo dell’evento.

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