Social network e comunicazione sociale

Lunedì 7 sono stato ospite della tappa catanese del roadshow (evento itinerante) del progetto “On the move: i giovani per un futuro di valore“, organizzato dalla Fondazione Pubblicità Progresso.

Come si può desumere dalle slide, il mio intento era quello di parlare del rapporto fra marketing sociale e social media, con un piccolo framework teorico (niente di originale) e con una serie di casi studio di campagne di sensibilizzazione sociale fatte attraverso i media partecipativi.
In pratica l’argomentazione era: il passaggio dal marketing al societing, i social media come spazi sociali, le strategie di condivisione di valori nelle social media campaign destinate alla comunicazione sociale.

Poi le cose sono andate diversamente.
Infatti stuzzicato dagli interventi che mi hanno preceduto, ho deciso di dare al mio intervento una connotazione un pochettino più “polemica”.

La serie degli interventi è iniziata con Vincenzo Giuggino (Fondazione Pubblicità Progresso) che ha illustrato storia e mission di Pubblicità Progresso.
Dopodichè è stata la volta di Amanda Jane Succi (Segretario Generale della Global Alliance for Public Relations and Communication Management), chair dell’incontro, che ha fattto un ragionamento su valori e futuro e ruolo della comunicazione sociale.
Infine dopo di me è intervenuta Rossella Sobrero (Fondazione Pubblicità Progresso) che ha illustrato il progetto On the Move, con i diversi partner e le attività connesse (tipo distribuire volantini con annessi dei post-it su cui i ragazzi avrebbero dovuto proporre un’idea).

Ecco le afffermazioni che mia hanno dato l’assist ad un paio di miei interventi bonariamente “polemici”:

1. La necessità di sviluppare un opportuno marketing mix per la comunicazione sociale
Non sono per niente d’accordo. Il marketing mix della comunicazione sociale è particolare perchè una delle leve su cui agire sono le politiche pubbliche. Se io faccio una campagna per il rispetto delle persone down e poi non ci sono leggi che vanno in quella direzione, se io faccio una campagna per evitare le stragi del sabato sera e poi non ci sono politiche pubbliche adatte allo scopo, allora la comunicazione sociale può essere solo parte di un media mix e non di un marketing mix (non sono un markettaro, chiedo lumi a chi ne sa più di me).

2. La Fondazione Pubblicità progresso con le sue campagne utilizza anche attività di comunicazione below the line come internet.
Ed è proprio questo il problema. Internet dal punto di vista commerciale NON è più un below the line. Chiamarlo così vuol dire non aver capito come usare la rete e soprattutto vuol dire usarla con un’accezione tipica della seconda metà degli anni ’90. Internet è un luogo ricco di spazi sociali che devono essere utilizzati come luoghi di dialogo e ascolto e non come below the line. I banner sono below the line, non i forum o i blog.

3. I ragazzi oggi sono disorientati perchè non hanno più valori.
Secondo me – ma non sono il solo a dirlo – il disorientamento non è dovuto alla mancanza di valori, ma all’eccesso di valori: i valori non sono assenti, sono troppi e spesso confliggenti. La società contemporanea si è frammentata, cosicchè non ci sono o – meglio – sono diminuiti i valori collettivi ampiamente condivisi e sono emersi valori dall’orizzonte sempre più micro, tanto che non è possibile dire che oggi noi e il nostro vicino di casa crediamo nelle stesse cose (e non necessariamente il nostro vicino deve essere un immigrato di fede islamica).

Durante l’incontro la dott.ssa Sobrero ha mostrato un video fatto a tre diversi testimonial – Stefano Zamagni, Pietro Scott Jovane, Francesco Morace – i quali rispondendo a delle domande su giovani e futuro hanno dato il loro punto di vista sulla faccenda (splendido e interessantissimo quello di Zamagni) e poi sono stati loro a fare delle domande alla platea in modalità tipicamente televisiva (tu ascolti quello che dico io, ma io non ascolterò quello che dici tu).

E’ stato piuttosto facile per me entrare a gamba tesa su questa parte dell’incontro, anche perchè dimostrava quanto antica fosse l’impostazione del tutto.
Ma come: lo scopo principale dell’incontro è raccogliere le idee dei giovani presenti in sala sul futuro, e non si ha niente di meglio di usare una strategia televisiva?

Secondo me, invece di far vedere il video in giro per l’Italia (in quanto roadshow) quasi fosse l’ostensione della Madonna durante una festa di paese (ho detto proprio così…), sarebbe stato molto più proficuo prendere gli spezzoni delle domande e inserirli su Youtube ed aspettare i commenti delle persone, altro che volantini con i post it

Anche perchè in questo modo Francesco Morace poteva prendere atto delle risposte alla sua domanda che – parafrasando – suonava più o meno così: ma perchè i giovani di oggi sono così bamboccioni che non decidono di uscire di casa e costruirsi un proprio percorso?

Altro sintomo della vetustà dell’impostazione: non dimentichiamo il video “On the Move”, prodotto dal media partner Deejay Television, in cui la voce di Albertino incitava i ggiovani a partecipare al progetto ggiovane della Pubblicità Progresso per raccogliere idee ggiovani sul futuro della comunicazione sociale.

Credo di essere stato particolarmente caustico (tanto che la Rossella Sobrero ha detto scherzando che mi voleva uccidere), ma avevo l’impressione di averne le ragioni.

Tra l’altro consiglio di dare un’occhiata agli esempi di campagne sociali usate dai social media che ho citato nelle slide: sono tutte molto interessanti.
La mia preferita però è 73.000 Bar Tab prodotta da Ogilvy Brasile per una campagna contro le stragi del sabato sera fatta in modalità guerrilla.

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