Acconti e royalties nel mondo dei fumetti

Il seguente post nasce da un copia e incolla di un interessante post di Roberto Recchioni sul funzionamento di acconti e royalties nel mondo dei fumetti italiano.
Ripubblico qui con il permesso dell’autore perchè mi sembra interessante per tutti coloro che si occupano di industrie culturali in Italia.
Disclaimer: l’enfasi nel testo è opera mia

 

Partiamo dall’inizio: l’acconto sulle royaties.

Che cos’è? E’ un acconto a fondo perduto che l’editore anticipa all’autore alla firma del contratto. Questo acconto copre un certo numero di copie vendute oltre le quali, poi l’editore dovrà dare altri soldi (a seconda della percentuale stabilita) all’autore.
Non tutti gli editori (ma la maggioranza sì), prevede un acconto sulle royalties. Alcuni, per esempio, non ti offrono nulla in anticipo ma iniziano a calcolare il tuo guadagno sulla prima copia venduta e al prezzo di copertina, generalmente offrendoti delle royalties più alte (non è detto che sia sempre sconveniente: se lavori con un editore con un grande volume di vendite o se hai un nome molto grosso con un forte seguito, magari rischi di guadagnare di più… ma, in generale, non succede così).
Altri editori ancora ti offrono zero come acconto e iniziano a pagarti una volta coperte le spese di produzione. Ecco, quelli lasciateli perdere a prescindere che non sono editori ma sciacalli.

Parliamo degli acconti, nel caso ci siano

Nel mondo del fumetto da libreria hanno un range molto vario e vanno da poche centinaia di euro a centinaia di migliaia.
Ora, di autori italiani che possono mirare ad avere un acconto sopra i centomlila euro, me ne vengono in mente (forse) un paio. Più facile uno soltanto.
Questo categoria non fa casistica: è un fenomeno e punto e si merita tutto quello che ottiene.
Sotto i centomila euro a scendere fino ai cinquantamila, mi vengono in mente un massimo di due-tre nomi. Autori che hanno uno storico di venduto importante, che garantiscono un elevatissimo prestigio, che sono frequenti a trovare poi sviluppi successivi per le loro opere, o tutte queste cose assieme.
Sotto i cinquantamila e fino ai diecimila, la brigata si allarga. Ci saranno almeno una decina di autori che si muove in questa forchetta. Forse venti. Sia chiaro che c’è una differenza sostanziale tra “cinquanta” e “dieci” e che il grosso di questa congrega è più prossimo ai dieci che ai cinquanta.
Sotto i diecimila e fino ai duemila, c’è la gran parte degli autori di un certo livello: gente con talento, con uno storico significativo, con un seguito. Qui la parte maggiore delle personalità si trova nel mezzo della forchetta.
Tra i duemila e i mille, ci sono gli esordienti di valore e che si sanno muovere, quelli con una certa esperienza che però non hanno mai venduto molto e quelli con una certa esperienza, che magari hanno pure vendicchiato, ma che non sanno muoversi nel settore. Spiace dirlo ma la spina dorsale di tutto il mercato è questa.
Sotto i mille c’è la qualsiasi. Dagli incapaci a quelli bravi che non sanno muoversi. Dagli esordienti assoluti ai professionisti fuori dal mondo. Questo è il girone dell’inferno.

Ok, ma acconti a parte, come funziona con le royalties?

Dipende (generalmente da chi sei).
In linea di massima possiamo dire che più l’acconto è alto, più le royalties successive sono misurate.
Tra il 5 e il 6% è una cifra credibile in un contratto medio, tra il 9 e il 12% è una cifra ipotizzabile per un contratto senza acconto ma con i diritti pagati dalla prima copia venduta e sul prezzo di copertina.
Sopra o sotto queste cifre stiamo parlando di casi particolari, fenomeni editoriali o sciacalli.
La verità è che, generalmente, in un contratto con acconto sulle royalties, difficilmente vedrai altri soldi oltre a quelli che hai ricevuto all’inizio perché, stranamente, il tuo libro avrà venduto sempre appena sotto la soglia da raggiungere.
Perché gli editori barano? Non proprio.
Perché gli editori fanno la tiratura.
E di solito, fanno una tiratura che, se va bene, copre giusto il tuo acconto, garantendo a loro un margine di guadagno.
Cosa significa questo?
Che se tu vendi tutta la tiratura, il rischio per l’editore è coperto e si è messo in tasca qualcosa. Ristampare certe volte conviene (nel caso si abbia la percezione o la certezza che stia andando davvero bene) ma, generalmente, no, perché significa tornare a rischiare quel piccolo margine che si sono già assicurati. Quindi, spesso, non si ristampa e quindi l’autore non ha proprio modo di poter mai raggiungere i soldi delle royalties successive all’acconto.
Ma c’è di peggio, eh?
Ci sono editori che fanno tirature ben al di sotto della copertura dell’acconto sulle royalties.
Perché stampano vi starete chiedendo, giusto?
Perché, come raccontato da me e da altri in altre sedi, l’editoria è prima di tutto una guerra di spazi e, in secondo luogo, un modello economico (secondo alcuni: una bolla economica) che funziona solo con un costante flusso di nuove proposte che alimentano tutto un complesso meccanismo di anticipi, pagamenti, buoni e via discorrendo (è troppo lunga per parlarne qui ma, giuro, ho fatto un lungo post al riguardo e altri ne potete trovare sul web).
Detto questo, non credo che sia difficile capire che di fumetti in libreria di varia, in Italia ci campino in pochi.
Dove con “campare” intendo dire proprio il vivere solamente di quelli.
La maggioranza degli autori ci lavora per necessità espressiva, o ego, o vanità, o perché spera che, libro dopo libro, la sua condizione migliori e possa aspirare a risultati economici migliori.
Ma quello che è fondamentale capire, dal mio punto di vista, è che non è quasi mai l’autore a determinare con il suo lavoro se un libro possa essere un successo o meno.
Lo decide l’editore, stabilendo non solo la tiratura ma anche l’ampiezza della finestra di vendita, le fiere in cui il libro viene portato, i giorni di ufficio stampa che gli vengono concessi e via discorrendo. E decidendo la potenziale portata della fortuna del libro, decide la potenziale fortuna dell’autore che quel libro lo ha realizzato.
E questo a prescindere da qualsiasi ragionamento sulla qualità.
E forse, è su questi aspetti che bisognerebbe lavorare per avere contratti migliori e meno iniqui, prima ancora che sui soldi.
In sostanza, è molto raro che un autore determini realmente il suo destino anche se, quando succede, è bellissimo.

 

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