Il comportamento dei Think Tank italiani nei social media

Circa un paio di settimane fa, ho partecipato come relatore al convegno SISP 2012, ovvero il convegno annuale che viene  organizzato dalla Società Italiana di Scienza Politica.
Il convegno ha come scopo quello di fare il punto sullo stato della politica in Italia e nel mondo, usando come chiave di lettura gli studi di una folta generazione di ricercatori dei settori più disparati, dalla politologia alla sociologia.
Il convegno ha una organizzazione piuttosto strutturata con sezioni, panel tavole rotonde, sedute plenarie, working group.
E non sono mancati gli ospiti politici: i tre giorni di lavoro – dal 13 al 15  settembre – sono stati aperti da un dialogo col presidente del consiglio Mario Monti.

Con un gruppo di amici ritrovati (colpa della diaspora scientifica di noi ricercatori universitari e non solo) abbiamo anche deciso di twittare con tre diversi hashtag: #sisp2012 per i tweet ufficiali, #opensisp2012 per i tweet con domande e richieste varie, #occupysisp per le situazioni che un linguaggio arcaico chiamerebbe “militanti” o più semplicemente di opposizione.

Diverse e molto interessanti le sezioni che spaziavano in tutti i campi della politica.
Come è facile immaginare, il mio – coordinato da Sara Bentivegna e Donatella Campus – aveva a che fare con la comunicazione politica.
Per l’esattezza: Discussione politica e reti di influenza nel web 2.0 (I)

Di cosa ho parlato? Dei think tank italiani.
il titolo esatto del paper è: “Processi digitali di agenda building. Le strategie dei think tank per influenzare l’opinione pubblica online

I think tank

Procediamo per ordine: cosa sono i think tank?
Risparmio le definizioni scientifiche di cosa siano i think tank (anche perché ogni studioso ha la sua).
In pratica sono delle organizzazioni con interessi politici o d’opinione che attraverso l’uso strategico di strumenti scientifici (ricerche, summer school, workshop, seminari, libri, riviste) promuovono una particolare idea politica o cercano di orientare l’opinione pubblica a sostegno di una idea specifica che può trovare (oppure no) rappresentanza da parte della politica.

In soldoni hanno tre caratteristiche:
1. Sono contigui alla politica (perché fondati da politici, perché sostengono idee politiche)
2. Sono luoghi in cui si mettono a punto idee sulla società (una delle traduzioni più pertinenti del termine “think tank” è “pensatoio”)
3. Sono organismi di ricerca che applicano le strategie del marketing politico, del lobbying e delle relazioni pubbliche ai prodotti della conoscenza

Pià che la prima caratteristica – di cui oggettivamente so poco – queste organizzazioni mi interessano come pensatoi e come strumenti per il marketing delle idee socio-politiche. Anche perchè non mio intimo sono dell’idea che la conoscenza sociologica ha bisogno di strategie vicine al marketing per rendersi visibile al grande pubblico e suscitare dibattito.

La mia ricerca sui think tank italiani

La domanda che mi sono posto è la seguente: i think tank italiani usano i social media nella loro strategia di lobbying?
Per fare questo ho fatto tre diverse analisi:
1. Usano la classificazione dei think tank italiani di Mattia Diletti,  principale studioso italiano del settore, ho analizzato la presenza dei think tank sui social media ovvero blog, Facebook, Twitter, Youtube.
2. Focus 1: studio degli account Twitter per vedere che tipo i contenuti veicolati da queste organizzazioni
3. Focus 2: sugli account Twitter dei think tank cosiddetti personali, ovvero fondati da politici (ma non solo) per scopi politici come Italia Futura (Luca Cordero di Montezemolo), I-Think (Ignazio Marino), Fondazione Cristoforo Colombo (Claudio Scajola), FareFuturo (Gianfranco Fini) ecc., alla ricerca di follower e following comuni per capire se c’è una rete di persone interessate a seguire le attività di questi pensatoi.

OLtre a SPSS. per questa analisi ho usato un sw open source che abbiamo sviluppato io e Davide Miceli, un mio laureato dell’Università di Catania che ha scritto il codice di  DIVUD, uno strumento per la co-analisi di following e follower che esporta i dati in Gephi per la SNA.

I risultati della ricerca

I risultati sono stati i seguenti:
1. Scarsa presenza digitale
I think tank italiani usano poco e male le risorse comunicative dei social media. Ci sono delle eccezioni di rilievo che sono spiegabili attraverso le strategie
comunicative generali
2. Prevalenza di Facebook
Nonostante il gran numero di strumenti a propria disposizione, la piattaforma più utilizzata è senza dubbio Facebook, come fanpage o come gruppo di
discussione.
3. Strategia multipiattaforma piuttosto curata
Quando i think tank sono presenti su quattro (o più) piattaforme, l’integrazione comunicativa e la capacità di essere presenti nell’opinione pubblica digitale è
piuttosto efficace (social media strategy)
5. Focalizzazione tematica
L’uso quotidiano delle piattaforme del web partecipativo è indice di una forte coerenza tematica/ideologica del think tank
6. Presenza di cluster omofili
L’attività digitale mostra la presenza di soggetti che hanno interessi comuni e su queste basi seguono le attività di think tank considerati “affini” ideologicamente
e/o tematicamente

Qui trovate le slide: ogni commento è benvenuto (anche perché la ricerca è un work in progress)


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